Nella prima parte di questo approfondimento su Simulmondo abbiamo raccontato della nascita di questa software house italiana. In questa seconda parte vedremo altri dei titoli pubblicati, insieme alle prime difficoltà incontrate dall’azienda stessa.
Molti dei collaboratori conosciuti quel giorno non si sposteranno a Bologna, perlomeno non subito, scegliendo di lavorare ‘da casa’. Un concetto oggi familiare ma che, all’epoca, tra la lentezza dei modem e la poca affidabilità dei collegamenti in rete, consisteva nel recarsi in ufficio periodicamente per lasciare dischetti o, in alternativa, spedire i lavori via posta con tutti i rischi del caso.
Federico Croci ricorda come molte delle idee di Carlà, all’epoca, fossero niente più che suggerimenti avanzati durante una cena: un titolo e alcuni schizzi su un tovagliolo.
Altre idee invece originavano dai suggerimenti dei vari ragazzi che tenevano contatti con l’azienda e MC Microcomputer.
Per quanto il patron di Simulmondo fosse benintenzionato, queste idee venivano spesso ‘rivendute’ a quotidiani e riviste come titoli quasi pronti, nonostante gran parte non vedranno mai uno sviluppo; solo alcuni vedranno la luce, molti anni dopo.
Rimini, Blue Sea (qui mostrato nel n.73 di MC Microcomputer), trattato come un titolo sostanzialmente finito, in realtà non fu nemmeno mai iniziato. Croci ricorda che avrebbe dovuto trattarsi di un’avventura grafica, in stile Dejà-vu, ambientata durante il periodo fascista. D’altronde, con i suoi contatti giornalistici, Carlà riusciva facilmente a farsi pubblicare, menzionando traguardi piuttosto astratti come “il bacio più lungo nella storia dei videogiochi”.
Riccardo Cangini, invece, ricorda come il primo titolo Simulmondo su cui lavorò fu Mussolini Age, proposto da Carlà ma senza una descrizione che andasse oltre il soggetto di un titolo ambientato nel ventennio. A quanto pare il giornalista era proprio affascinato da quel periodo storico!
“Mi era stato dato solo il titolo e minime informazioni.” ricorda Cangini. “Provai a strutturarlo, ma il design non andò oltre qualche ipotesi e alcuni schizzi su carta, non essendoci particolare chiarezza su quale fosse il genere di gioco desiderato”. Subito dopo, Cangini inizia a lavorare su Francy Frigo (soprannome dato a Carlà da una ex fidanzata): l’idea di base era aggiornare la giocabilità di Little Computer People, con il personaggio che doveva essere proprio una versione virtuale del giornalista. I lavori andarono avanti più a lungo rispetto al precedente ma, anche qui, non si arrivò mai a niente di concreto.
Al di là di questi esperimenti falliti, il primo ‘vero’ prodotto Simulmondo, uscito con la dicitura ufficiale della software house, fu proprio un gioco di calcio.
Italy ’90 Soccer per Amiga, sviluppato dai fratelli Dardari e pubblicato dall’azienda di Carlà nell’estate 1988, fu anche’esso distribuito da Italvideo, con la conseguenza che il ricavato dalle vendite andava comunque ripartito con Arioti. Carlà ne parla come il primo gioco che riuscì ad arrivare sul mercato senza essere stato prima piratato (ebbene sì, la situazione era davvero così disastrosa) e, dalle pagine del numero di Dicembre 1988, di MC Microcomputer, tuonò: “I pirati che hanno contraffatto il marchio di Simulmondo saranno (e alcuni lo sono già in questo momento) perseguiti”.
Non si scherzava con la polizia di Simulmondo.
Con la fine dell’estate, l’azienda aveva disperato bisogno di un altro titolo che risollevasse la situazione finanzaria, così da poter sopravvivere i primi costosi mesi di avvio. Venturi inizia a lavorare sulla conversione Commodore 64 dello stesso Italy ’90 Soccer: giorni e notti passate piegato a lavorare sulla tastiera del “biscottone”, cercando di finire in tempo onde far uscire il titolo per la stagione natalizia.
“Sei mesi di sviluppo furono ridotti a un mese e mezzo”, ricorda il programmatore, costretto a trasformarsi in un recluso in quelle settimane, ma senza gran dispiacere: dietro la tastiera, era sempre a suo agio. Il gioco fu recensito da diverse riviste, con la versione inglese di The Games Machine che lo bastonò con un impietoso ‘8%‘, definendolo “causa di ripetuti sbadigli” per colpa della lentezza dello scrolling dello schermo. Le reazioni della stampa non erano poi così importanti: la versione C64 riuscì comunque a vendere parecchie copie, mentre Venturi tuttora conferma di non aver mai visto un soldo da quel lavoro.
L’anno seguente, Ivan inizia a lavorare su quella che ricorda ancora oggi come uno dei suoi lavori preferiti: la conversione Commodore 64 di Formula 1 Manager, nato originalmente su Amiga da un’idea di Nicola Paggin.
Venturi riuscì, in qualche modo, ad adattare un complesso titolo simulativo di F1 sul limitato hardware 8 bit, mentre il resto del mondo stava per compiere il salto verso i 16 bit. Decisamente uno dei momenti più alti della sua carriera di Commodorista.
Carlà ricorda che il titolo fu presentato al Gran Premio di Monza, in pompa magna, con tutti i piloti della Formula 1 a fare da testimonial con la presenza di Montezemolo, Edwige Fenech e il capo della Ferrari. Una promozione, poi, completamente gratuita, dovuta solo alle sue conoscenze giornalistiche. Il trafiletto pubblicato nel numero 89 di MC Microcomputer sembra riportare una storia leggermente meno epocale: Carlà portò un’Amiga al circuito di Monza e diversi piloti fecero alcune partite a F1 Manager. Interrogati sulla memoria di questo evento clamoroso, nessuno degli ex-Simulmondo ricorda che F1 Manager (o qualsiasi altro gioco) sia mai stato presentato ufficialmente al Gran Premio di Monza.
Poco dopo aver completato il lavoro sulla conversione 8 bit, Ivan fu chiamato per il servizio di leva.
Durante l’assenza di Venturi per assolvere agli obblighi di leva, Riccardo Cangini si trasferisce a Bologna per lavorare in presenza, insieme a Mario Bruscella. Riccardo Arioti, nel frattempo, aveva lasciato l’azienda, sostituito dal padre di Francesco Carlà che, grazie alla sua esperienza nel campo, stava lavorando per recuperare una situazione aziendale non proprio solida. Arioti, alcuni mesi dopo, fondò una nuova software house, Genias, diventata presto uno dei principali concorrenti della Simulmondo: pubblicheranno diversi titoli sviluppati dai fratelli Dardari e Profezia, il primo lavoro della Trecision.
Mario Bruscella, originario di Cattolica, conosce Simulmondo attraverso le riviste e si reca a Bologna con una sua proposta, rigettata dallo stesso Carlà. Il primo gioco su cui lavorerà – in seguito – sarà invece una simulazione di basket con visuale dall’alto, uscita poi col titolo The Basket Manager, Riccardo Cangini si occuperà della parte grafica. Nel 1990 i due inizieranno a lavorare su quello che sarà il primo titolo nella famosa serie ‘I Play‘: I Play 3D Soccer.
L’idea di Carlà era di sviluppare un simulatore di calcio diverso dal solito, più incentrato sulla ‘narrativa’ piuttosto che l’azione, dove il giocatore fosse in controllo di uno dei vari atleti sul campo, seguendo l’azione attraverso una visuale in soggettiva. Cangini sorride quando ricordo come l’idea fosse di Carlà, commentando “certo l’idea era sua, ma a noi stava il compito di trasformarlo in realtà su un Commodore con 64k di memoria!”
Durante lo sviluppo, Carlà menziona il titolo per la prima volta sulle pagine del numero 97 di MC Micromagazine come “tra i primi titoli al mondo a essere pubblicato su CD-Rom”; cosa che, per quanto sia possibile approfondire, non avvenne mai.
I Play 3D Soccer, tuttora ricordato tra i migliori titoli della Simulmondo, viene ricordato da Cangini come uno dei suoi migliori lavori negli anni trascorsi a Bologna. Bruscella invece ne ricorda l’interfaccia, volutamente progettata con l’uso di immagini “astruse”, così da fungere anche come protezione software. Qualora infatti fosse stata rimossa, il codice sarebbe andato a fare una serie di continui check intaccando progressivamente la giocabilità del titolo. Il programmatore racconta che proprio pochi mesi fa è stato contattato da qualcuno che – nell’anno 2020 – voleva craccare definitivamente l’interfaccia. “Diceva di esserci riuscito, ma continuava a trovare problemi di giocabilità ancora al secondo match!”
Bruscella aveva inventato un sistema di protezione davvero diabolico, “forse anche troppo…” conclude.
Nel 1991, Bruscella e Cangini lasceranno brevemente Simulmondo, delusi dal misero trattamento economico riservato ai programmatori e sicuri di riuscire a fare meglio con i loro mezzi, con l’idea di fondare una propria software house. Torneranno in Simulmondo poco dopo, con le pive nel sacco. Cangini ricorda come la scelta di tornare fu sua: “ai nostri titoli c’era stato interesse, sia da Genias che Psygnosis, ma personalmente, Francesco [Carlà ndr] continuava a sembrarmi la scelta più sensata come publisher. Fu una scelta mia, anche legata al fatto che probabilmente ero più motivato a continuare a voler lavorare sullo sviluppo di videogiochi, rispetto a Mario Bruscella.”
Dal 1987 e continuando negli anni successivi, Carlà pubblicò una serie di annunci in diverse riviste, cercando giovani programmatori, grafici o chiunque volesse, in qualche modo, avere una carriera nei videogiochi. All’epoca, Simulmondo era davvero una delle migliori aziende Italiane dove lavorare, oltre a essere – ovviamente – tra le pochissime software house sul mercato. Da piccola azienda di tre persone, l’azienda bolognese dimostrò un tale appetito di nuovi talenti da diventare, nel giro di pochi mesi, una vera software house, con dipendenti che lavoravano da casa e altri in ufficio. Dal 1990, molti degli intervistati ricordano l’inizio degli “anni d’oro di Simulmondo” che dureranno fino alla fine del 1992.
Fu proprio nell’ottobre del 1990 che Michele Sanguinetti, amico liceale di Venturi, inizia a lavorare nell’azienda: tutti i suoi colleghi lo ricordano ancora come il grafico più talentuoso con cui hanno mai avuto il piacere di lavorare. Michele stesso ricorda la sensazione di essere arrivato in un gruppo di amici, andando subito d’accordo con Cangini, Bruscella e, naturalmente, Venturi stesso.
La ricerca continua di personale da parte dell’azienda portava, ovviamente, gli stessi dipendenti a contatto con una serie di candidati alquanto eccentricil. Ivan ricorda diversi aneddoti sugli strani personaggi che mandavano lettere, dischetti o si presentavano addirittura in ufficio. Ragazzi che avevano lavorato su semplici giochi o che proponevano idee folli con l’aspettativa di essere ricoperti di complimenti e, ovviamente, di soldi.
“[…] essendo negli anni ’80-’90 ancora nel pieno terzo mondo -italia!- [sic] dell’industria videoludica, molta gente non se ne rendeva conto! Tantissimi ragazzetti bravi o bravini erano convinti di fare un milione di dollari col loro primo videogioco, che le TV sarebbero andate a intervistarli, che le donne avrebbero fatto loro da zerbino mentre salivano sulla Ferrari nuova fiammante.”
Tra i tanti collaboratori di Simulmondo arrivati nella fase successiva ai primi titoli, ci furono anche musicisti come Gianluca “Boka” Gaiba e programmatori, grafici 3D come Ciro Bertinelli e Massimiliano Calamai.
Bertinelli ricorda di aver mandato un demo grafico dopo aver visto proprio uno dei vari annunci, fu chiamato immediatamente e iniziò a lavorare subito come freelancer per Simulmondo, il suo primo lavoro proprio su un Chess tutor sviluppato in 3D.
Gaiba anche ricorda un inizio entusiasmante nella software house, d’altronde era un po’ un sogno riuscire finalmente a lavorare da musicista, sulla colonna sonora di titoli. Carlà gli diede due computer diversi su cui lavorare, oltre a uno strumento musicale: a tutti gli effetti, sembrava un inizio molto promettente. Ma rimase solo promettente, ricorda, visto che quell’investimento iniziale fu l’unico ricevuto in tutta la sua carriera nell’azienda.
Massimiliano Calamai, entrato in Simulmondo tra il 1991 e 1992, ricorda di aver imparato in proprio a mettere le mani su grafica e design, per poi rivolgersi a varie realtà attraverso alcuni annunci su ZZap! La sua impressione, successiva a questi contatti, fu che solo Simulmondo fosse una realtà professionale e industriale, un’azienda che fosse tale e non solo un gruppo di ragazzi benintenzionati.
“Inizialmente andavo ancora a scuola, quindi lavoravo solo da casa, portando i floppy da Prato a Bologna quando avevo finito. Successivamente, passai a lavorare stabilmente facendomi 2-3 ore di treno al giorno.” Essendo un grafico, ebbe modo di lavorare fianco a fianco con Michele Sanguinetti e Riccardo Cangini “c’era un rapporto molto amichevole tra noi, mi sembrava di andare a trovare degli amici, non certo di andare in ufficio a lavorare!”.
Tutte le persone che finirono a collaborare per Simulmondo, così anche Stefano Balzani e Natale Fietta, erano giovani alla prima esperienza lavorativa, pieni di speranza e talento.
Simulmondo, nel corso di pochi anni, era riuscita a imporsi come indiscussa leader tra le software house indipendenti Italiane, oltre a confermarsi in grado di cimentarsi con tanti generi diversi con un successo sempre assicurato. Amata dai giocatori, adorata dai collaboratori, stimata dai critici: nulla sembrava potesse arrestarne il successo.
Bruscella, tra i diversi titoli, ricorda il ‘seguito’ di I Play 3d soccer, 3D World Soccer, per cui sviluppò un algoritmo innovativo che permetteva lo sprite scaling in tempo reale.
“Che io ricordi, per l’epoca era una novità assoluta, nessuno aveva una tecnologia del genere. Peccato averla usata per un titolo che aveva – di nuovo – solo la telecamera in soggettiva, invece di quella televisiva: una filosofia che finì col limitarne parecchio l’appetibilità sul mercato.”
Altri titoli come Millemiglia (Carlà ne parla di “un lavoro di 20 mesi” nel numero di Ottobre 1991 di MC Microcomputer) e Formula 1 3D riuscirono a conquistare un buon successo e numero di copie vendute, specialmente per un mercato ancora molto influenzato dalla pirateria come quello Italiano. Dall’altro lato, il sucesso di esperimenti interessanti come l’avventura Italian Night 1999, uscita in seguito nel 1992 e sviluppata dai fratelli Alleva, basata su un’idea risalente addirittura ai tempi di Mussolini Age.
Simulmondo era anche riuscita a concludere un solido accordo con il publisher bolognese C.T.O., in un’epoca in cui certi rapporti erano spesso caratterizzati da difficoltà e ostacoli legali.
Gli utenti Simulmondo potevano contare su giochi di qualità, in grado di offire simulazione e divertimento di pari livello ai prodotti sviluppati nel Regno Unito o in Francia: proprio l’obiettivo originalmente dichiarato su “Playworld” nel 1987. Simulmondo era davvero diventata sinonimo di ‘Italian entertainment for the world’.
Eppure, Francesco Carlà non era ancora soddisfatto.
Proprio all’inizio del 1990, l’imprenditore viene folgorato da un’idea: Bologna ospita tanti famosi autori di fumetti. Ne consegue che Simulmondo potrebbe facilmente sviluppare prodotti legati a questi celebrati e apprezzati personaggi. L’accordo con la Sergio Bonelli Editore (Dylan Dog, Tex Willer, Martin Mystère) viene presto concluso e annunciato orgogliosamente negli uffici dell’azienda. Dice Carlà:
“[…] All’epoca Dylan Dog vendeva un milione di copie e non c’era nessuno che non ne fosse preso, compresi i miei collaboratori. Mi avrebbero pagato pur di lavorarci”.
Il primo titolo progettato è, infatti, proprio basato su una delle storie più famose dell’investigatore paranormale, pensata come un tributo, ma sviluppata come fosse un seguito diretto. Venturi si occupò di scriverne la storia, rivestendo per il progetto il ruolo di direttore di produzione, con l’obiettivo di rispettare le scadenze e tenere sotto controllo tutte le diverse fasi di produzione. Gli Uccisori vedrà la luce nel 1992 sviluppato come un platform d’azione con elementi di avventura grafica: uno dei titoli più ricordati della Simulmondo, anche all’estero.
Francesco Carlà nel n. 112 di MC Microcomputer ebbe modo di dire: “Dylan Dog è un progetto a lungo termine. Nessuno pensa di farne un videogioco usa e getta, un brutto prodotto che si venderebbe benissimo ugualmente grazie alla popolarità del personaggio.” Vedremo come questa dichiarazione coglierà in pieno il destino dei prodotti legati ai fumetti che seguiranno.
Difatti Carlà, nell’accordo con Bonelli, vede potenziale per un’intera serie di avventure con diversi personaggi dei fumetti, ben oltre Dylan Dog e Tex Willer. Verranno stretti accordi simili con Astorina, titolare dei diritti su Diabolik, e successivamente, per Spiderman con la Star Comics.
L’ultima grande idea del periodo Simulmondo consisteva nello sviluppare videogiochi che fungessero da “singole uscite di un fumetto”, venduti nelle edicole proprio insieme agli stessi fumetti cartacei. Il primo titolo della serie fu Attraverso Lo Specchio con – di nuovo – Dylan Dog: il titolo aveva un design semplificato rispetto a Gli Uccisori, più vicino a un fumetto interattivo che a un platformer con elementi di avventura. Un’idea, quella dei “giochi episodici” che anticiperà la simile struttura che verrà adottata da Telltale, a metà anni duemila, per le serie The Walking Dead e Sam & Max, tra le tante.
I titoli erano sviluppati proprio per ricordare un singolo fumetto, conseguentemente pensati per avere una durata inferiore rispetto a un videogioco a prezzo pieno. “Il gioco era progettato per durare il doppio del tempo di vita di un fumetto. La quantità di soldi che ci spendevi per il tempo che ci dedicavi era paragonabile a quella del fumetto.” ricorda Venturi in un’intervista.
Carlà ricorda come Simulmondo riuscisse a sviluppare giochi con un budget di circa centomila euro odierni, inclusi marketing e pubblicazione di scatole e dischetti. Parlandone con Federico Croci, mi conferma come questo budget potrebbe aver senso, ma l’arrivo della distribuzione in edicola causò una trasformazione completa del mercato di riferimento, rispetto a quello a cui era abituata Simulmondo.
Essenzialmente, l’azienda bolognese agiva come tutte le case editrici intenzionate a vendere un quotidiano o fumetto: le edicole si occupavano della distribuzione dei pezzi, con l’azienda che manteneva la piena proprietà sui titoli. Solo nel momento in cui le vendite venivano effettivamente finalizzate, sarebbe stato noto l’esatto numero, al netto delle copie restituite o degli eventuali dischetti difettosi.
Riccardo Cangini ricorda che vendere ventimila copie di un singolo numero in edicola, di per sè, non avesse molto peso, considerando che l’azienda avrebbe dovuto aspettare mesi per capire gli esatti ricavi da queste vendite. L’idea di vendere videogiochi proprio accanto ai fumetti lanciava – naturalmente – anche una sfida diretta alla pirateria, considerando come all’epoca le edicole stesse fossero ancora uno dei principali rivenditori di giochi piratati per Commodore 64, MSX e Spectrum.
Nel 1991, Venturi ricorda una situazione aziendale caotica ma piacevole, all’epoca il team di programmatori – tra dipendenti di vecchia data e stagisti vari – era diventato così numeroso che l’azienda fu costretta a trasferire gli uffici amministrativi al piano di sotto, mentre i ‘nerd si divertivano’ al piano di sopra. Con Venturi come direttore di produzione della linea delle avventure, Cangini a capo della linea sportiva, l’intero sistema di produzione aziendale si era mosso verso una linea più industriale. Con l’arrivo dei titoli da edicola, ricorda Ivan, le cose cambiarono altrettanto rapidamente.
La nuova programmazione richiedeva puntualissime uscite mensili, nonché conversioni PC e Amiga di ogni titolo: tutto doveva essere standardizzato il più possibile per venire incontro alle rigorose scadenze. La software house, continua Venturi, nel 1992 aveva adottato già un sistema “burocratico”, con armadi pieni di carte affinché tutti potessero essere aggiornati sulle varie fasi di progettazione e sviluppo. Conseguentemente, il team di sviluppo aveva pochissima libertà di arricchire o variare le singole avventure episodiche, così i singoli episodi iniziarono a somigliarsi, presto, l’uno con l’altro. Ciro Bertinelli pure ricorda che, dopo un primo anno promettente, la situazione iniziò presto a incrinarsi.
Non ho mai incontrato Michele Sanguinetti, ma dopo dozzine di interviste e la totale immersione nell’esperienza Simulmondo, sento quasi la sensazione di conoscerlo da sempre quando, a centinaia di chilometri di distanza, lo sento riflettere in silenzio dall’altra parte del telefono. La stanchezza si avverte nella sua risposta: il lavoro sui giochi da edicola aveva iniziato a prendere la mano all’azienda. “Si era in ufficio ogni giorno della settimana, a volte fino a notte fonda. Quattordici ore di lavoro continuo dove, presto, gli schemi e i ruoli saltarono definitivamente e i rapporti tra quelli che erano più amici che colleghi, iniziarono a essere tesi.”
Stanco di questo ‘crunch‘ continuo, Michele ricorda quando andò a chiedere di smettere di lavorare continuamente in straordinario o, almeno, che queste ore extra gli venissero riconosciute economicamente. Di fronte alla negazione di una richiesta comunque ragionevole, Michele non ci pensa più di tanto e decide di lasciare l’azienda, con gran dispiacere dell’amico di liceo Ivan Venturi. “Anche per l’amicizia con Ivan fu un periodo difficile, mentre lui rimaneva in Simulmondo, io venivo praticamente cacciato via. La cosa mi fece incazzare non poco.”
Sanguinetti che lascia sbattendo la porta era solo il primo segnale: probabilmente nessuno all’epoca se ne rese conto, ma quella prima perdita fu l’inizio della fine per la software house. Con l’arrivo del 1993, quella che un tempo sembrava un’alba dorata, si trasformerà in una notte eterna.
Gli anni d’oro, ricordati con affetto e piacere da Venturi, Cangini e gli altri, solo un distante ricordo
Articolo originalmente apparso su: genesistemple.com
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