La storia di Simulmondo inizia – e finisce – con Francesco Carlà.
Giornalista, figlio di un imprenditore, laureatosi con una tesi sui videogiochi – “La storia dei videogiochi dal 1971 al 1987” pubblicata nel 1990 – iniziò a collaborare con diverse testate dedicate fin da subito, dall’inizio degli anni ’80. Carlà era ossessionato dal mondo videoludico: nel 1984 era già proiettato verso il futuro e fu tra i primi in Italia a intuire le grandi potenzialità del mezzo, la sua pari dignità con arti come il cinema e la letteratura. Fu anche tra i pionieri del videogioco in televisione, intervenendo su diversi programmi contenitori come Videogames Weekend e Obladì Obladà già dal 1984.
Gli occhi del giovane giornalista brillavano con un sogno, un’immagine che sembrava accompagnarlo in ogni momento. La prima volta – racconta Carlà – gli venne in mente durante un soggiorno in un hotel di Londra: una proiezione mentale di un mondo virtuale fatto di personaggi che rispondevano ai comandi di un giocatore. William Gibson in Neuromancer lo definiva ‘realtà virtuale‘, Carlà preferiva il termine ‘simulmondo‘. Decise in quel momento che avrebbe dedicato la propria esistenza a cercare di costruire quel mondo virtuale, pur non avendo gli strumenti conoscitivi per capire come e dove iniziare.
Sembrava che la cosa fosse destinata a rimanere un sogno, fino a quando non incontrò Ivan Venturi.
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