In America la battaglia Sega vs Nintendo è uno degli argomenti della storia videoludica che maggiormente ha animato le giornate di tanti fanciulli affacciatisi ai videogiochi nei tardi anni ottanta. Una sfida che si combatté, poi, direttamente in televisione e sulle riviste specializzate senza esclusioni di colpi, specialmente bassi. Una narrativa familiare anche per chi viveva dall’altra parte dell’oceano, ma che non dovrebbe far cadere in errore inducendo a credere che sia applicabile anche all’Italia o, tantomeno, all’intero continente europeo.
Prima di passare all’analisi della storia delle due aziende giapponesi, un necessario cenno storico riguarda la pubblicità comparativa. Questa in Europa, nonché, di conseguenza, in Italia, era illegale e lo sarebbe rimasta fino al 2000: non era possibile negli spot paragonare direttamente due aziende, bensì solo utilizzare vaghi rimandi (si pensi al noto fustino di detersivo). Sega e Nintendo hanno, poi, seguito strade antitetiche nell’approcciare il mercato del vecchio continente, con la prima che ha goduto di un iniziale vantaggio grazie a specifici accordi raggiunti con distributori spagnoli e tedeschi. Nintendo si è trovata, presto, a dover recuperare il terreno perduto riuscendoci, apparentemente, solo in seguito alla creazione di un “quartier generale europeo” a Großostheim, in Germania, a giugno del 1990.
In Italia è possibile affermare che, per buona parte degli anni ‘80 oltre all’intera decade successiva, sia Sega che Nintendo rimasero tradizionalmente legate a distributori di giocattoli, da una parte Giochi Preziosi con Sega e dall’altra Mattel e, successivamente, GiG con Nintendo. Per completezza, la storia delle due aziende giapponesi in Italia passa anche per alcune brevi esperienze come la distribuzione degli scacciapensieri Nintendo Game & Watch da parte della stessa Giochi Preziosi (1984), più Melchioni e NBC Italia che distribuirono sul territorio nazionale a metà anni 80, rispettivamente, l’home computer SC-3000 e, negli anni successivi, Sega Master System.
A fine anni ‘80, sia Giochi Preziosi che Mattel, quando fu il momento di far conoscere ai giovani consumatori Master System e NES, adottarono un approccio radicalmente diverso da quanto visto precedentemente in Italia nel campo del marketing videoludico. L’inizio della decade, difatti, è segnato dall’arrivo dei testimonial nel mondo della pubblicità legata ai videogiochi, fino ad allora una tattica ben poco utilizzata nel settore giocattoli. Da una parte Sega, con la casa di produzione Winter Video di Preziosi, fu rappresentata da celebri calciatori come Walter Zenga e Roberto Mancini. Dall’altra Mattel che affiancò il rapper ‘figlio d’America’ Jovanotti alla console 8 bit di Nintendo.
Per quanto possa suonare piuttosto curioso, oggi, avvicinare Nintendo all’America, specialmente per un’azienda da sempre legata a tradizionali valori giapponesi, si trattava di decisioni di marketing sicuramente sensate. Nell’ottica del target di pubblico desiderato, Jovanotti – nella sua piena fase da ‘rapper’ – era stato creato a tavolino da Claudio Cecchetto, a mo’ di edulcorata imitazione della corrente rap newyorchese, proprio al fine di strizzare l’occhio alla fascia d’età preadolescenziale. I calciatori, invece, idea completamente nuova di Preziosi, erano da sempre nel cuore di ogni fanciullo italiano.
Giochi Preziosi, successivamente al mondiale di calcio Italia ‘90, allargò in fretta la selezione dei testimonial della ‘squadra vincente di Sega’ a sportivi pluripremiati come Gianni Bugno e, come ricorderanno molti dei cresciuti negli anni ‘90, all’attore catanese Jerry Calà. Quest’ultimo rimase, per due anni, strettamente legato ai prodotti videoludici dell’azienda giapponese.
Il successo di slogan come “ocio però”, a quanto pare nato dalla fantasia del patron Enrico Preziosi, aveva come obiettivo il portare l’attenzione del consumatore sul fatto che le console comprate nei negozi fossero sempre dotate del marchio del distributore di giocattoli. All’epoca, il maggior spauracchio per i distributori di giocattoli non era certamente la pirateria, sostanzialmente impossibile per una console funzionante a cartucce, bensì piuttosto l’importazione parallela.
Sega, specialmente negli anni di passaggio tra gli 8 bit Master System e i 16 bit Mega Drive, oltre alla console portatile Game Gear, verrà portata dall’azienda di giocattoli milanese a godere di una presenza televisiva a 360 gradi: dalle reti Fininvest fino alla Rai, oltre alle emittenti locali. Preziosi arriverà anche a stipulare una completa sponsorizzazione del programma USA Today, condotto da Stefano Gallarini su Odeon Tv, che passerà dall’occuparsi di giochi per vari home computer a focalizzarsi esclusivamente su titoli relativi a console Sega.
Nel 1993, vuoi per scelte economiche da parte dell’azienda vuoi per il grave incidente automobilistico che porterà Calà fuori dalle scene per un periodo, Giochi Preziosi concluderà definitivamente l’esperienza dei testimonial. L’azienda milanese, negli anni successivi, sembrerà, inoltre, pervenire a una progressiva riduzione del budget dedicato al marketing videoludico. Tale decisione coinciderà, poi, con l’inizio del declino di vendite per Sega e i fallimenti delle espansioni del Megadrive come 32x e Sega CD. In Italia, questi furono esperimenti dal successo molto limitato, anche per l’alta richiesta di prezzo a fronte di una disponibilità di titoli piuttosto ridotta.
Il successivo debutto di Sega Saturn, nel 1995, non sembrerà modificare di molto la situazione. Giochi Preziosi lo distribuisce sul mercato con un supporto decisamente meno entusiasta del passato e, sicuramente, meno presente. In ogni caso, il rapporto tra Giochi Preziosi e Sega rimarrà caratterizzato dalla tranquillità e fiducia, così come ricordato dall’ex direttore marketing Dario Berté. Sega of Europe non ha mai avanzato pretese particolari e si è sempre fidata dell’approccio del distributore Italiano. Discorso diverso, invece, valeva per Nintendo.
L’esperienza testimonial per Nintendo e Mattel fu brevissima, iniziata e conclusasi proprio nel 1990, senza ulteriori riproposizioni. Negli anni successivi, col passaggio a GiG avvenuto ufficialmente nel 1993, si decise di portare il focus del marketing sul prodotto videoludico, abbandonando definitivamente l’idea dei testimonial. GiG, ricevuto l’invenduto da Mattel, si occupò della distribuzione dei titoli e delle console dell’azienda di Kyoto fino alla cessione in blocco dei rapporti del gruppo a Giochi Preziosi, a causa dei forti problemi economici, avveuta a fine 1998.
Rispetto a Sega, Nintendo – da sempre più attenta a rispettare i propri principi che ad adattarsi alla specificità dei diversi mercati – manterrà rapporti più complessi con l’Italia. La casa madre in Germania decideva quantità e prezzi dei vari prodotti, spingendo in primo luogo i prodotti sviluppati da Nintendo rispetto alle software house di terze parti.
In ogni caso, il grande distributore fiorentino riuscirà a imporre un proprio linguaggio di marketing, grazie alla conoscenza del mercato nazionale. In quegli anni, il distributore di giocattoli permetterà a Nintendo di recuperare molto del terreno perduto in Italia, attraverso specifiche campagne di marketing aggressive per GameBoy e Super Nintendo.
L’azienda fiorentina aveva ingaggiato una delle maggiori agenzie pubblicitarie nazionali, l’Armando Testa, eppure – come ricordano anche alcuni ex pubblicitari – sembrò mancare il coraggio di slegare il prodotto videoludico dal balocco. Anche a fronte di diverse discussioni avute con la stessa agenzia pubblicitaria, il patron di GiG, Gianfranco Aldo Horvat, non sembrò pronto a compiere una scelta di marketing netta. Il rapporto con l’Armando Testa portò a diverse occasioni mancate, così come ricordato anche da un ex direttore marketing GiG. Su tutti lo spot Gameboy, girato dal famoso regista Maurizio Nichetti: un importante investimento economico per un risultato senza molto mordente.
GiG, a fine anni 90, sembrò cambiare, in parte, stile di marketing. Proprio in quegli anni viene stretto un accordo con la casa editrice Xenia per la creazione di una rivista ufficiale, l’Official Nintendo Magazine, una sorta di versione parallela della famigerata pubblicazione Nintendo Power, in America considerata la primaria fonte di riferimento fin dal 1988. Altrettanto particolare risultò la sponsorizzazione della Fiorentina da parte di GiG e Nintendo, un’operazione non vista di buon occhio perfino dal presidente di Nintendo of America, Minoru Arakawa, che ebbe modo di far sentire le proprie rimostranze. GiG continuò, comunque, per la sua strada, fino a trasformare Super Mario nella mascotte ufficiale della squadra di calcio del capoluogo toscano.
Nonostante, attraverso gli spot televisivi destinati alla fascia pomeridiana e un numero generoso di promozioni, fosse possibile raggiungere un pubblico ampio, è agevole notare come sia Sega che Nintendo, in Italia, rimasero sempre legate a un linguaggio di marketing destinato a una fascia di pubblico non superiore ai 12 anni. Per quanto ci fossero – sicuramente – videogiocatori di età fuori dalla fascia adolescenziale, era piuttosto raro, per un adulto, entrare in un negozio Giocheria (di Preziosi) o Amico Giò (di GiG) per acquistare un Megadrive o un Super Nintendo.
Coerentemente con quella che era l’idea generale dei videogiochi, la stampa non specializzata adottava un approccio diffidente, nonché poco informato, nei confronti di questa “nuova” tecnologia. Basti andare a risfogliare articoli – discutibili sia nel messaggio che nei contenuti – come il buffamente titolato “Super Mario uccide anche te”, pubblicato su La Repubblica a novembre 1993 a firma Bernardino Campello. Partendo dal voler fare una recensione dell’ottimo Game Over di David Sheff, una ricostruzione della storia di Nintendo in America, il giornalista afferma: “Il Nes […] è una macchina che si applica al video e che ipnotizza i bambini (ma anche alcuni adulti non scherzano) per ore e ore dietro a videogiochi. […] Mario insegna ai bambini che devono uccidere per non essere uccisi. E che troveranno sempre qualcuno più grande e più potente di loro.”
La sensazione che le console fossero molto poco considerate al di fuori del mondo del giocattolo è condivisa anche da molti redattori di riviste dell’epoca, da Consolemania a The Games Machine fino proprio all’Official Nintendo Magazine. Molti commentano come GiG e Giochi Preziosi, alla fine, fossero interessati solo alla vendita del giocattolo, non a conoscere un mercato nuovo e radicalmente diverso dal precedente. Non è, infatti, un caso che con l’arrivo di PlayStation la realtà cambierà radicalmente, nel giro di pochissimo tempo. Sony non solo stringeva accordi direttamente con i singoli distributori e negozianti per commercializzare i videogiochi, ma adottò un linguaggio di marketing valido per l’intero territorio europeo, senza necessità di testimonial o rielaborazioni nazionali.
Alcuni ex GiG ricordano, infatti, il lancio fallimentare di Nintendo 64, arrivato in Italia a marzo del 1997, in notevole ritardo rispetto al resto del mondo. Nonostante i tentativi e l’attenzione della stampa, finì per essere sostanzialmente eclissato dallo strapotere e l’estrema visibilità di Playstation, grazie a titoli di richiamo come Resident Evil e Tomb Raider. Il successo della console Sony, giunta da poco più di un anno e mezzo rispetto al lancio di N64 ma già diventata leader del mercato, viene confermato anche da successivi articoli apparsi sulla stampa non specializzata. Conferma, infatti, la situazione Giancarlo Radice su Il Corriere della Sera del 23 gennaio 1999 che titola “Giocattoli, crisi da Playstation: l’industria italiana cerca il rilancio”.
Il successo della console Sony nel nostro paese può essere, anche, legato a due particolari fenomeni storici e sociali. Da una parte, la nascita di Mtv Italia nel 1997, inizialmente ospitata sul canale Rete A: un canale televisivo pensato per risultare appetibile principalmente a un target adolescenziale e post. Una comunicazione giovane e impertinente in stile PlayStation trovava un naturale posizionamento su questo nuovo canale pensato per i giovani. Nintendo faticava a farsi strada, pur riscontrando qualche goffo tentativo da parte di GiG, di appropriarsi del medesimo linguaggio. L’azienda fiorentina, agli sgoccioli dell’esperienza con Nintendo, era riuscita a vincere la sfiducia della casa madre e aveva tentato qualche nuovo spot, ma senza particolari riscontri.
Il secondo fenomeno a cui legare il successo PlayStation è quello della pirateria. Proprio in quegli anni, si assiste a una netta ripartenza del mercato ‘nero’, nonostante da diversi anni fosse intervenuta la conversione della direttiva UE 250/91, attraverso il DL 518/92, che aveva, finalmente, novellato l’originale legge sul diritto dell’autore (l. 633/41). Per quanto non si trattò, probabilmente, di un giro d’affari tale da eguagliare quelli che erano i numeri della pirateria ‘legale’ degli anni 80, oltre a non condividerne, chiaramente, la diffusa considerazione di apparente legalità, è indubbio che il giro di CD masterizzati contribuì in maniera significativa alla diffusione della console Sony.
Sony verrà anche aiutata da una distribuzione dell’ultima console Sega, Dreamcast, caratterizzata, specialmente in Italia, da una lunga serie di difficoltà. Preziosi uscirà dal rapporto di distribuzione con l’azienda giapponese proprio alla fine degli anni 90, lasciando Dreamcast, che sarebbe arrivato di lì a poco, in un apparente limbo. Solo dopo diversi mesi, nel 1999 inoltrato, interverrà Bigben Interactive, già incaricata della distribuzione della console in Francia, Germania e Regno Unito. Fu comunque un salvataggio che non finì col modificare gli equilibri di mercato, poiché, come noto, nel 2001 Sega finirà con l’uscire definitivamente dal mercato hardware.
Nonostante, sia Sega che Nintendo, riusciranno a mantenere un consistente zoccolo duro di appassionati in Italia, è indubbio come la decade caratterizzata da un marketing improntato ad accostare le console ai giocattoli abbia finito col facilitare il dominio di Sony che, tuttora, rimane uno dei brand di maggior forza.
Perfino la stampa non specializzata non tardò ad accorgersi dell’avvenuto passaggio di consegne generazionale, come titolava Luigi Ferro su Il Corriere della Sera del 21 ottobre 2000 “Videogiochi, i fans sono più maturi “.
Successivamente, Nintendo nel 2001 – dopo una breve parentesi con Giochi Preziosi – riterrà di passare a una gestione diretta, con la creazione di una succursale milanese che si occuperà della comunicazione e del marketing. Questa decisione non sembra, comunque, aver modificato radicalmente il messaggio “per famiglie” che da sempre, aveva caratterizzato la casa di Kyoto. Ancora oggi, forse, di fronte a recenti scelte di testimonial da parte di Nintendo Italia, è lecito esprimere un sorriso nostalgico a ripensare all’ingenuità di un giovane rapper romano che cerca di conquistare una ragazza a forza di Super Mario Bros.
A distanza di circa vent’anni dal ritiro di Sega dal mondo dell’hardware e l’uscita definitiva dell’ultimo distributore di giocattoli dal settore videogiochi, è possibile tirare alcune conclusioni. In particolare, bisogna sottolineare come l’esperienza delle distribuzioni dei colossi del giocattolo sia comune a molti altri paesi Europei, così come un marketing tarato sulla giovane età. Quel che sembra mancato nel nostro paese, invece, è stato il coraggio di andare oltre questa rappresentazione semplificata, perdendo, negli anni successivi, l’occasione di gestire un mercato che era, come dimostrato, in forte crescita.
In particolare, Giochi Preziosi sembrò aver anticipato troppo i tempi nel ritenere di non investire più nel settore dei videogiochi. Evidentemente, l’azienda milanese era rimasta bruciata dal rapporto declinante con Sega tanto che, poi, non ebbe interesse neanche ad approfondire il breve rapporto con Nintendo. Le major del giocattolo, insomma, dimostrarono di esser interessate a volersi occupare esclusivamente del loro settore specifico. Per quanto avessero sicuramente colto l’importanza del videogioco, probabilmente non ne avevano compreso il livello di complessità, tale da necessitare un linguaggio di marketing non solo rivolto alla fascia d’età 8-10 anni.
C’è anche da considerare che il marketing del giocattolo fu, per anni, considerato di serie B dagli stessi pubblicitari, poiché raramente interessava la fascia televisiva più ambita: quella di prima serata. Al di là di considerazioni sul marketing, l’atteggiamento dei grandi distributori di giocattoli ha determinato anche conseguenze sulla disponibilità di molti titoli per console in Italia. In particolare, i titoli più complessi erano spesso poco disponibili sul territorio, oltre a non esser stati mai tradotti. Un problema che ha colpito, in particolare, piattaforme come il Super Nintendo, ove i giochi di ruolo rappresentavano uno dei generi principali.
Oggi, con un mercato europeo aperto e maggior facilità di acquisto dei prodotti su internet, i problemi d’importazione del passato si son parzialmente risolti. Sull’aspetto adattamento e localizzazione di prodotti console, purtroppo, la situazione degli ultimi anni non sembra riscontrare margini di miglioramento. Le entità che si occupano di adattamento e localizzazione non riscontrano numeri di vendita tali da giustificare investimenti da parte delle diverse software house. La speranza rimane, comunque, quella di poter imparare dagli errori del passato, così da poter migliorare la disponibilità e l’accessibilità dei titoli, anzi che riservarli solo a un determinato tipo di pubblico.
Articolo originalmente apparso su: genesistemple.com